1. |
For me
02:27
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"Ehi tu questo è quello che sei
negli occhi giudici
ehi tu non vorrai tenerlo giù
puro veleno
non sei mai come vorrei
ingorda e debole
non fai che dire "potrei"
e niente regole"
fili e pelle, gocce di posso sul bianco del niente
fili e perle, divorami ancora ed esplodi nel ventre
fili e stelle su nero leggero e respiro si perde
fili e stille, condanna di garza a sentirti ora e sempre
"ehi tu, parlami ancora di noi
indivisibili
ehi tu, non lo fare mai più
scuse puerili
muoviti e fai quel che puoi
ma tanto è inutile
la forza cede a quel che vuoi
maschera in fragile"
fili e pelle, gocce di posso sul bianco del niente
fili e perle, divorami ancora ed esplodi nel ventre
non ho che te
per esser me in
fili e stelle su nero leggero e respiro si perde
fili e stille, condanna di garza a sentirti ora e sempre
ti di-strug-ge-rò con me, nella peristalsi che mente m'inverte
S I D S, ho ucciso e ora uccido il mio essere inerte
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2. |
E tu, sei anni
03:45
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Non ho mai imparato le stelle, papà,
e mi sarebbe tanto piaciuto,
sentir l'erba tagliata che piange rugiada
e le dita stanche che tirano i capelli del mondo.
Come sempre è questione di spazio e momento
loro spente e sparse
io che le indico e ne disegno i contorni,
più eterne delle nuvole, ma solo di poco.
Non ho mai detto ti amo a nessuno, papà,
perché insegnate l'orgoglio?
Quel creder di meritare di più
e perder fiumi di sorrisi e respiri.
Aveva quegli occhi di acqua e di luce,
furbi e vivi, da meritare cuscini
vorrei una voce migliore per dirlo domani
sì, forse domani, forse.
Non ho
mai
letto un fumetto, fumato su un tetto, raggiunto quel punto d'incontro fra resto del mondo e realtà sullo sfondo, cantato a sgolarmi, voluto le armi, saputo adattarmi ai tuoi ritmi notturni di urne e rumori attutiti, tra fumo e detriti, cucito vestiti, sgualcito lenzuola con giochi proibiti, da chi, poi?! Da chi li ha provati e trovati squisiti. Votato partiti, capito quei riti, veduto gli dei che hai detto reali e spacciato per miei. Finito di essere ciò che vorrei, una voce diversa da quella che sei. Visitato Shangai, detto "mai e poi mai", preso mani e poi rami e giocato agli indiani. Animato animali con dita sui muri tra gli scuri e le ombre. Abbracciato ubriaco un amico fidato, dato tutto, e poi pianto per esser stato deluso, rinunciato al "mi scusi", baciato a occhi chiusi, accettato i soprusi di chi si sente al di sopra di tutto e di tutti, fatto a gara di rutti, inferto insulti a quei bruti che me ne hanno elargiti. Agitato vessilli per strada tra strilli o gridato aspri strali, carezzato gli steli, steso palmi sui veli, visto volti che tu hai voluto celati, assaggiato gelati, aggiornato i miei dati, sentito d'esser parte di uno degli stati, invasi da invasati e divisi da divise, tracciati su mappe diverse dal vero; posseduto davvero, dato che "io sono del mondo" e non viceversa. Versato veleno, viaggiato su un treno, sorriso sereno e vissuto bei sogni, spremuto ogni goccia dal tempo presente, sentito il suono del niente, interpretato i miei incubi in cui interpreto un lupo in un bosco, buio e nascosto, scosto fronde innevate e non vedo che lampi e scoppi nei campi, luci lontane e frastuono inumano.
Dammi la mano e poi stringi, papà,
devi dirmi davvero il perché
siamo fermi a dar sfogo agli istinti,
quando il mondo buono ci accoglie,
e noi a togliergli vita e aria e sangue
per avere e non essere, correre e vincere,
come i bambini più piccoli di me,
come gli animali che diciamo inferiori.
Ironia del destino, ti sento e avvicino d'istinto la porta, ma non ci riesco, non esco e scopro che il viaggio è solo una giostra a cui poco importa. Pensa alla sorte che scopre le carte in un lampo di vita che ci vede vicini, tu tra assassini, a sei anni da qui, segui sguardi e segugi, gridi "guarda, sgualdrine!" e ne sbatti una a terra, è guerra, si sa, si può tutto e di più. E poi tu, farabutto, ne abusi e usi le armi con sprezzo, ché tanto il prezzo di quel pezzo di carne è meno di zero, non vale niente, davvero, è solo un buco, respira e "stai zitta puttana", puntandole in bocca un'altra bocca di ferro. Fa freddo e il sapore è più o meno lo stesso, passo spesso le notti a cantare tra i botti, le ninnenanne di nonna, con mamma che piange e mi stringe e finge sia un gioco. Poco fa il tuo mortaio ha capito, mi ha colpito dritto nel petto e ha distrutto quel tetto che mi divideva dal cielo e mi ha regalato le stelle.
Ti sei ricordato del mio compleanno, papà.
Grazie.
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3. |
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Ti hanno detto che l’amore è quello,
che il sole scalda e che il mare è bello,
ma sei tu a volerlo o la voglia che t’ha preso?
Quando credi d’esser solo, chiediti se mai tu sia stato veramente due.
Che quando un pezzo sembra starti bene addosso,
non pensi forse sia poetico dir: “siamo uno”?
E allora chiediti se mai ci sia grazie migliore
di quel senso di pace d’un sorriso che ti cola su spalla,
mentre abbracci quel che vorresti esser tu.
Hai mai notato come “ti amo”
suoni sempre troppo uguale a “salvami, ti prego”?
E quanto sbagliato sia il “ti voglio bene” concesso,
quando il senso reale è “lotto, perché voglio tu sia”?
E quanto poco si accetti “ok”, tutto quello che odiamo negli altri, e siamo?
E non è uno sforzo immane il dimenticarsi d’aver diritto,
l’orgoglio è quel vestito inesistente, che indossi insistente perché le altre menti attente ti guardino continuamente.
E non è uno sforzo immane esser normali,
è l’accettare di non essere speciali, unici, scarrafonibelliammammasoja, che c’ammazza.
Perché normale è anche l’oscillare tra pneumatico piangere in cuscini
e il cantar su motorini, zigzagando in strade vuote e soli enormi,
per il bacio sempre senza precedenti che senti ancora su lingua, labbra e denti.
Normale non è mediocre.
Piuttosto cerca di non esser altro che te stesso,
combatti l’esser stronzo più che cesso,
e adesso dimmi:
hai esploso a quello sguardo quanto perso e vissuto t’ha fatto sentire?
Hai spinto i sogni fuori dai palmi per vederli sciogliersi o volare?
Mordere di nuovo i vecchi pianti è perder tempo,
regalalo o rubalo a chi te lo splende.
Forse è auspicabile quel non sentir pesi,
sdraiati sulla linea poco mossa,
niente scosse, niente abissi.
Ma se posso preferire, spero ancora
di ricordare in bocca tutti i picchi
e non scordare in lacrime e ferite
che l’elastico del senso di chi ha cura
presto o tardi m’allargherà il respiro.
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4. |
Regala quiete e tempo
04:45
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Come
quando
vedi
mari
che si perdono negli occhi
di chi cresce e non soggiace
a regole di carne e neve.
Chiedi aiuto ad un amico
primo autore di rumore
che detesta e non sopporta,
trova pace nel calore
di un grammofono a colori
stinti da scialba tristezza
taciuta a parenti ed amici
cresciuta nel glabro tremore
di un tempo a misura di topo, che
regala ricordi di favola, volando da sogni a respiri,
gridando nell'ombra d’un turbine taciuta da tempi ormai privi
di senso, abitudine e ritmo, privati dei giorni più veri.
Rimane nel tempo un silenzio stranito cresciuto nel vento più cupo e lenisce
dolore, scalfito da critiche insulse e perverse che tramano in vuoti sorrisi
di lise amicizie di nebbia, truccate da spose all'altare del vano, profano,
silente padrone del mondo chiamato egoismo, tutore di
uomo
solo
perso
prono
Uomo
Solo
Perso
Prono
Uomo solo
Perso e prono
Non è questo il tuo destino, sei vissuto appeso a un filo
e hai perduto il senso di un motivo buono
lieto
ride
osserva
e nuota
in acque che rimangon quiete
anche quando piove ghiaccio,
che si rompe in mille gocce
di cristallo e fuoco dolce.
rimane soltanto il sapore
di un freddo riflesso,
di istinto represso
da anni di sola abitudine
a grigie città
di rincorse e lavori,
valori velati
da autori vigliacchi
e sparuti ritocchi
e rintocchi si placano
in tempi ormai lunghi per
esser tenuti in metronomi zoppi
e poi
Mi culla una stoffa di suono, tessuta da unicorni e chimere,
le mere ambizioni di cenere, che volano insieme alla morte,
riportano a pensieri più lievi, le teste di chi non le vuole
tenere per mano in una sequenza di limpida organza e ricamo di seta
leggera e volatile preda di incubi stanchi e di mostri ammansiti,
dimostra di essere vivo e rinuncia a piaceri di semplice oro,
ignora l'effimera danza del tuono che avanza e rimani pur sempre legato al tuo
vero
caldo
esser
uomo
Uomo
Solo
Perso
Prono
Uomo solo
Perso e prono
Non è questo il tuo destino, sei vissuto appeso a un filo
e hai perduto il senso di un motivo buono
cresci in note nuove e piene,
lascia agli altri nervi e rabbia,
calmo agisci perché chi ami
viva in te e nel tuo ricordo.
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